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Reconquista

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La Spagna Musulmana 

 

Per Reconquista si intende il termine spagnolo e portoghese per definire il periodo di 750 anni in cui avvenne la conquista dei regni moreschi musulmani di al-Andalus della Penisola iberica (le attuali Spagna e Portogallo), da parte dei cristiani.  La Reconquista avanzò dal nord a sud della penisola iberica. Venne chiamata così in contrapposizione alla  conquista islamica che dal 700 si affermò in Spagna. Leggi in proposito la Spagna musulmana.

La conquista musulmana da parte della dinastia araba degli Omayyadi di al-Andalus nel 711 ai danni dei Visigoti avvenne nei primi anni dell'VIII secolo, e con la Battaglia del Guadalete. I musulmani conquistarono gran parte della Penisola iberica nel giro di soli cinque anni. Le armate moresche superarono anche i Pirenei, cominciando l'invasione del sud della Francia, ma vennero fermati dai Franchi prima nel 721 nella Battaglia di Tolosa, poi definitivamente da Carlo Martello nel 732 nella Battaglia di Tours.

Con la vittoria a Calatrava da parte di Alfonso V, re di León, al principio dell'XI secolo, i cristiani rioccuparono buona parte della Spagna. La conseguenza fu che il califfato di Cordoba prese a spezzettarsi, intorno al 1031, in piccoli emirati indipendenti, noti in spagnolo come reyes de taifas, mentre le Asturie, il León e la Galizia formarono un unico regno di Galizia.

I più importanti emirati arabi, spesso in lotta tra loro, divennero quelli di Siviglia, Almeria, Malaga, Granada, Saragozza e Toledo. Si stava assistendo allo scontro di due realtà feudali, di cui quella arabo-berbera era in fase di declino, in quanto al decentramento dei poteri politici non aveva fatto seguito, a livello locale, una democratizzazione delle condizioni socioeconomiche dei lavoratori. I vari emirati volevano soltanto avere gli stessi poteri del califfato, senza dovergli dipendere.

Poiché gli emirati in Spagna non erano più in grado di fronteggiare l'avanzata cristiana, decisero di chiedere l'appoggio delle truppe almoravide, le quali, nella battaglia di Zalhaca, nel 1086, infersero una grave sconfitta alle milizie cristiane di Alfonso VI, che fu di nuovo battuto nel 1108 a Uclés. Gli Almoravidi erano un movimento fondamentalista islamico, sorto in Africa settentrionale, tra i nomadi e contadini berberi, che mal sopportavano l'oppressione dei feudatari arabi locali.

 

Essi, dopo aver conquistato quasi tutto il Maghreb, portarono la capitale del nuovo Stato in Marocco, a Marrakesh. La caduta di Toledo provocò l'intervento del sultano almoravide Yusuf (1086), che impose la sua superiorità militare, sorretta dal fanatismo religioso, su diversi "re" ispano-musulmani, da Siviglia a Valencia, eliminando l'aristocrazia arabo-andalusa, spegnendo quasi del tutto il rigoglio artistico-culturale e rendendo la vita difficile ai sudditi cristiani ed ebrei, molti dei quali si rifugiarono presso i principi cristiani (fatto di rilievo in sede culturale). I berberi avevano sempre visto gli arabi come conquistatori, appena ottenuta la vittoria sui cristiani, invece di tornarsene in Marocco, rivolsero le armi contro gli emiri di Spagna, conquistando i loro principati uno dopo l'altro.

La politica interna degli Almoravidi fu molto oppressiva, prevalentemente fiscale e militare, senza che si risparmiassero persecuzioni contro le culture cristiane, ebraiche e laiche. Politica che provocò forti risentimenti e ribellioni in Spagna, nell'attualePortogallo, e anche in Africa si formò un nuovo movimento berbero (gli Almohadi), non meno reazionario dell'altro, che se da un lato riuscì a sconfiggere gli Almoravidi nel 1145, dall'altro non migliorò affatto la situazione in Spagna, anzi qui la riconquista trovò numerosi sostenitori tra i crociati europei, soprattutto provenienti dalla Francia, tanto che nel 1212, nella battaglia di Las Navas de Tolosa, si riuscì a conseguire una vittoria molto importante, che fece progredire rapidamente la marcia verso sud. La coalizione spagnola era capeggiata da Alfonso VIII di Castiglia, la cui opera fu continuata dal figlio Ferdinando III e da Giacomo I d'Aragona.

Contro gli Almoravidi combatté il famoso hidalgo castigliano Rodrigo Diaz de Bivar, detto El Cid Campeador, che tuttavia di tanto in tanto aveva combattuto anche per qualche emiro mussulmano. Le sue truppe riuscirono ad occupare Valencia (1094) e il territorio circostante, anche se dopo la sua morte, avvenuta cinque anni dopo, fu nuovamente rioccupata dai berberi.

Anche i contadini si ribellarono a più riprese (1110, 1117) contro gli Almoravidi, unendosi alla lotta delle truppe castigliane e aragonesi (quest'ultimi, con Alfonso I d'Aragona, presero Saragozza nel 1118, facendone la capitale del secondo regno peninsulare, reso poi più potente dall'unione con la mediterranea Catalogna).

Catalogna e Aragona si unirono nel 1137, suscitando preoccupazioni e rivalità da parte degli altri Stati cattolici spagnoli, al punto che non si riuscì mai a realizzare una strategia d'intervento comune contro l'invasore musulmano. Infatti l'unione di León e Castiglia, sotto il re Ferdinando III (1217 - 1252), riuscì soltanto nel 1236 a prendere Cordova e Siviglia nel 1248.

Successivamente, nel corso del  XIII secolo, il regno d'Aragona conquistò le isole Baleari, Valencia (1238) e Murcia (1266), che in seguito andò alla Castiglia.

Nel 1282, invece di concentrarsi sulla definitiva riunificazione della penisola iberica, gli aragonesi, che volevano sostituire gli arabi nel dominio del Mediterraneo occidentale, occuparono la Sicilia. Viceversa, i castigliani si spingevano fino all'estremo sud del paese, prendendo Jerez e Cadice.

Intanto nella parte occidentale della penisola si formò il regno indipendente del Portogallo (1143), sotto la protezione della chiesa di Roma.

Terminata con la conquista di Cadice (1262) la fase "aurea" della Reconquista, questa entrò in una lunga stasi, dovuta a un complesso di cause. Anzitutto non era affatto escluso il pericolo di un'ennesima invasione musulmana e la Castiglia, priva di una marina propria, dovette tenere sotto controllo lo stretto di Gibilterra, servendosi soprattutto della flotta genovese (né mancarono gli scontri armati, specie all'epoca di Alfonso XI, che respinse l'ultimo tentativo marocchino nella battaglia del Salado, 1340, e quattro anni dopo conquistò Algeciras in Andalusia, con l'aiuto navale di Aragonesi e Genovesi).

In secondo luogo, le ambizioni della Castiglia si scontravano con quelle dell'Aragona (forte e ricca per le conquiste e la politica di Giacomo I nel Mediterraneo e l'attività commerciale della marina catalana) e il Portogallo, tenacissimo nel rifiutare la supremazia castigliana e vincitore ad Aljubarrota (1385).

Ma più grave fu la crisi interna: distribuendo le fertili terre meridionali tolte ai Mori fra gli ordini militari (quello di Calatrava, Alcantara, Santiago) e ai cavalieri castigliani, i re di Castiglia crearono potenti feudatari, incapaci tuttavia di far produrre i loro latifondi, spesso in lotta con i contadini moreschi e facili debitori di denaro nei confronti dei banchieri ebrei (a cui, del resto, gli stessi re ricorrevano continuamente, mancando del tutto di idee in materia finanziaria).

Ne derivarono la decadenza dell'agricoltura andalusa e la conseguente potenza della Mesta (cartello dei feudatari produttori di lana, che arrivò a essere un vero Stato entro lo Stato), e infine carestie, sommosse e ottuso e folle odio antiebreo. Di qui alle guerre civili non c'era che un passo e infatti, incominciate all'epoca di Alfonso X, continuarono a lungo con momenti ed episodi di vera tragedia, come al tempo di Pietro I il Crudele (chiamato così dai suoi nemici) (1350-1369), assassinato dal fratello bastardo Enrico di Trastamara.

Un'altro aspetto era il fatto che negli ultimi anni di al-Andalus, la Castiglia aveva la potenza militare necessaria a conquistare i resti del Sultanato di Granada, ma i suoi re preferirono incassare i tributi imposti ai musulmani, dai quali ricevano ora africano che poi si diffondeva in tutta Europa.

A tutto questo si aggiunsero le calamità naturali, come la terribile peste nera del 1348 (con successive ondate nel 1362, 1371, 1375), che devastarono il paese più ancora delle guerre civili. Enrico di Trastamara, il fratricida, e i suoi successori, sempre più deboli e incerti, regnarono per un secolo su un paese sconvolto dalla fame, dai pogrom antiebraici stimolati dalla carestia stessa (feroce quello di Siviglia nel 1391), dalle rivolte dei contadini, dei borghesi, dei grandi signori, invano contrastate da qualche raro politico illuminato, come don Álvaro de Luna, finito prematuramente sul patibolo nel 1453.

L'ultimo dei Trastamara, Enrico IV (1454-1474), tentò di difendere i conversos (ebrei convertiti al cattolicesimo) e di por fine all'insubordinazione della grande nobiltà, ma fu deposto da quest'ultima, che lo sostituì con la sorella di lui, Isabella, maritata nel 1469 al re d'Aragona, Ferdinando.

Tuttavia, nonostante il caos in cui era caduta la Castiglia, già nella seconda metà del XIII sec. quasi tutta la Spagna era in mano ai regni di Castiglia e di Aragona. Agli arabi non restava che un piccolo territorio attorno a Granada, nel regno di Andalusia, in una situazione di vassallaggio, fino al 1492, nei confronti dell'ormai dominante Castiglia. Infatti il 2 gennaio 1492, quando Ferdinando e Isabella, Los Reyes Católicos ("I Re Cattolici"), espulsero l'ultimo dei governanti moreschi, Boabdil di Granada, dalla Penisola, unendo gran parte di quella che è la Spagna odierna sotto il loro potere (la Navarra non venne incorporata fino al 1512).


 

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